
Samuel Modiano, detto Sami, nasce nel 1930 a Rodi, nel Dodecaneso italiano, da Giacobbe e Diana Franco. Ha una sorella che ama molto, Lucia, di tre anni più grande. Trascorre un’infanzia serena e felice nel grembo di una comunità ebraica profondamente coesa e vitale, scossa però, nel 1938, dalla promulgazione delle leggi razziali. Sami viene espulso dalle scuole elementari, così come sua sorella e tutti i bambini ebrei che frequentano gli istituti dell’isola. A questa tragedia si aggiunge la morte della madre, affetta da una grave patologia cardiaca.
Dopo l’8 settembre 1943 l’isola è occupata dai nazisti. Quasi un anno dopo, nel luglio 1944, il comando tedesco dirama l’ordine, indirizzato a tutti i capifamiglia, di presentarsi nell’ex caserma dell’aeronautica militare, e cattura così i cittadini ebrei. Questi vengono trattenuti e il giorno seguente anche i loro congiunti sono obbligati a consegnarsi.
Il 23 luglio ha luogo la deportazione della comunità ebraica del Dodecaneso: i nazisti rinchiudono gli ebrei all’interno di battelli per il trasporto di bestiame e, dopo circa una settimana di viaggio, in condizioni terribili, li sbarcano al Pireo.
Sono concentrati nel campo di Haïdari, per poi essere deportati ad Auschwitz. Il trasferimento dura quasi un mese. All’arrivo in Polonia, dopo essere stati selezionati per il lavoro, Sami, il padre e la sorella sono immatricolati nel campo di Birkenau. Giacobbe e Lucia muoiono nei primi mesi di prigionia; Sami, rimasto solo, trova conforto nell’amicizia di un altro giovane prigioniero, l’ebreo romano Piero Terracina.
Il 18 gennaio 1945, Sami è costretto alla tristemente famosa “marcia della morte” che deve portare i prigionieri dal complesso di Auschwitz ai campi più occidentali. Dopo meno di tre chilometri, però, crolla esausto. Inaspettatamente, due prigionieri lo trascinano fin dentro il Lager di Auschwitz I e lo lasciano vicino a un mucchio di cadaveri.
Il 27 gennaio 1945 il Lager è liberato dalle truppe sovietiche. Sami, dopo essere stato curato in un ospedale da campo, è affidato a una squadra del genio russo per un lavoro di scavo di trincee anticarro. Qui conosce un altro ebreo romano, Settimio Limentani, con il quale decide di raggiungere la capitale italiana. Dopo aver abitato a Ostia con altri sopravvissuti di Rodi, alla Casa del Reduce, Sami Modiano decide di trasferirsi in Congo. Torna a Rodi solo nel 1954, e vi conosce quella che sarebbe diventata la sua compagna di vita, Selma.
I due si sposano nel 1958.
L’instabilità politica in Congo, nel 1960, li costringe alla fuga e al ritorno in Italia, a Ostia, dove vivono ancora oggi. Nel 2005 Sami Modiano è tornato per la prima volta ad Auschwitz, cominciando così il suo “lavoro” di testimone. La sua esperienza è confluita nel libro Per questo ho vissuto, pubblicato per la prima volta nel 2013. In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2013-2014, l’università La Sapienza di Roma gli ha conferito un dottorato honoris causa per il suo instancabile impegno nel testimoniare l’orrore della Shoah.