
Nasce a Torino nel 1892 in una delle più note e facoltose famiglie ebraiche del capoluogo piemontese. Come tutta la sua famiglia, è un nazionalista fanatico e un monarchico convinto. Assieme al padre e ai tre fratelli partecipa alla prima guerra mondiale come ufficiale di artiglieria. Dopo la guerra lavora nella banca Ovazza, di proprietà della famiglia. Aderisce tra i primi al movimento fascista ed è anche molto attivo all’interno della comunità ebraica locale finanziando, tra l’altro, molteplici attività filantropiche.
Nel 1934 vengono arrestati alcuni antifascisti torinesi, tra i quali due ebrei. A seguito della scoperta di questa rete antifascista il giornale di Roberto Farinacci, «Il Regime fascista», scatena una campagna di stampa antiebraica. Ovazza reagisce creando un suo periodico intitolato «La Nostra bandiera», che attacca le correnti sioniste presenti nell’ebraismo italiano allo scopo di esaltare il nazionalismo e la fedeltà al regime fascista degli ebrei italiani.
Nel 1936 fa domanda per partire volontario per la guerra d’Etiopia, ma viene respinto, probabilmente per l’età ormai avanzata. Per i suoi meriti di fascista, e per i suoi contatti personali con alcuni principi della famiglia Savoia, nel 1936 viene invitato a far parte della guardia d’onore alle tombe della famiglia reale.
Con le leggi razziali, la famiglia Ovazza ottiene la discriminazione, e passa relativamente indenne il periodo 1938-1943. In questo periodo Ettore attacca sempre più violentemente gli ebrei sionisti, colpevoli, secondo lui, di alimentare l’antisemitismo.
I due fratelli di Ettore, con le loro famiglie, decidono di emigrare negli Stati Uniti e in Sud America. Con l’occupazione nazista, Ettore con la moglie e i due figli, sceglie di riparare a Gressoney, anche se senza documenti falsi. Riconosciuto in un albergo, viene arrestato da militari tedeschi e ucciso, assieme alla sua famiglia, nel piccolo borgo Intra, uno dei luoghi in cui si svolge l’eccidio del Lago Maggiore.