La zona d’operazioni Prealpi (Operationszone Alpenvorland, OZAV) viene creata, sulla base dell’ordinanza di Hitler del 10 settembre 1943, nell’area delle Alpi centrali. È compresa nelle province di Bolzano, Trento e Belluno. Come per il Litorale Adriatico, si tratta di un territorio direttamente inglobato nel Reich, sottratto dunque all’amministrazione della Repubblica Sociale, e comandato dal Gauleiter del Tirolo Franz Hofer. Hofer ha pieni poteri, risponde direttamente a Hitler ed è politicamente vicino all’ala nazista più ostile all’Italia e più propensa ad appoggiare le rivendicazioni austriache sul Tirolo meridionale. Di conseguenza, uno dei primi provvedimenti adottati riguarda il rientro in Alto Adige dei cittadini che, nel 1939, hanno ufficialmente scelto di trasferirsi nel Reich. Motivata da ragioni strategiche – l’area funge da cuscinetto militare nei confronti dell’Austria e della Germania – l’occupazione mira in realtà a creare le condizioni per un’annessione da realizzarsi dopo la guerra (i confini della provincia di Bolzano vengono ampliati; è ripristinato l’uso della lingua tedesca in diverse branche dell’amministrazione pubblica, nelle occasioni ufficiali e nella toponomastica; vengono immessi impiegati di origine austriaca nelle burocrazie locali; sono create polizie autoctone direttamente dipendenti dalla polizia tedesca; è addirittura vietata la ricostituzione del partito fascista).

L’occupazione è molto dura, soprattutto in provincia di Belluno, mentre nelle aree di Trento e Bolzano viene mitigata da alcuni provvedimenti propagandistici (come l’aumento dei salari dei lavoratori dell’industria, del commercio e dei servizi), soprattutto nei confronti della popolazione di lingua tedesca. A Bolzano, tuttavia, è istituito subito un tribunale speciale (Sondergericht) che, entro la fine della guerra, commina più di trenta condanne a morte per partigiani, renitenti e disertori.

Per quanto riguarda la persecuzione degli ebrei e di altre categorie ritenute ostili (partigiani, antifascisti, zingari), il luogo cardine di questo territorio è rappresentato dal campo di Bolzano, destinato a divenire, dopo la chiusura di Fossoli, il principale campo di transito dal nostro paese. Tuttavia, l’Alto Adige è fin dal settembre del 1943 teatro delle deportazioni razziali: la comunità di Merano, la più ampia in regione, viene rastrellata il 12 settembre e parte il 16. È la prima in Italia. Dalla provincia di Bolzano verranno deportati in tutto 98 ebrei.

Galleria

Bibliografia

Enzo Collotti, Alpenvorland, in Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, pp. 15-16

Sabine Mayr,  Joachim Innerhofer, Quando la patria uccide. Storie ritrovate di famiglie ebraiche in Alto Adige, Bolzano, Raetia, 2016

Carlo Romeo, Leopold Steurer, Bolzano e Alto Adige, in Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, pp. 182-186

Carlo Romeo, Leopold Steurer, Zona Prealpi (Alpenvorland: Bolzano, Trento e Belluno), in Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, pp. 179-181

Antonella Tiburzi, La comunità di Merano. Gloria e “catastrofe”, “Free Ebrei. Rivista online di identità ebraica contemporanea”, V, 1, maggio 2016

Ferruccio Vendramini, Belluno, in Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, pp. 187-191

 

Sitografia

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Visita la pagina di Meranohistory per le pietre d’inciampo

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