Adolf Hitler nasce nel 1889 a Braunau, in Austria, in una famiglia della piccola borghesia. In gioventù si appassiona all’arte e tenta la carriera di pittore trasferendosi a Vienna, ma con poco successo. Tra il 1908 e il 1913 vive una vita precaria vendendo acquarelli ai turisti. Nel 1913 si trasferisce in Germania e allo scoppio della prima guerra mondiale si arruola volontario nell’esercito tedesco.
Combatte sul fronte occidentale fino alla fine della guerra, raggiungendo il grado di caporale. L’armistizio lo sorprende in ospedale, colpito dai gas velenosi.
Nel 1919, ancora sotto le armi, si avvicina al partito dei lavoratori tedeschi, una piccola formazione di ultra destra. Da allora in poi le sue idee politiche rimangono sempre le stesse: il popolo tedesco è il più grande, forte, colto e civile del mondo; la sua sconfitta nella prima guerra mondiale è dovuta al tradimento interno di ebrei e socialisti; per vendicare la sconfitta e far tornare grande la Germania, è necessario prima di tutto eliminare i traditori e, in seguito, rimuovere i limiti internazionali imposti dal trattato di pace firmato a Versailles nel 1919. Il vero ostacolo alla grandezza imperiale della Germania è, dunque, secondo Hitler, la congiura internazionale degli ebrei, che frena l’espansione dei tedeschi.
Grazie alle sue qualità oratorie, il pittore austriaco diventa presto il leader (in tedesco Führer) del partito, che egli stesso trasforma in “partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi” (in genere chiamato “nazista”). Nel 1923, sull’esempio del fascismo in Italia, prova a prendere il potere con la forza, ma il tentativo fallisce e Hitler viene condannato a scontare un periodo di detenzione. Durante la prigionia scrive un libro intitolato La mia battaglia (Mein Kampf), edito nel 1925, nel quale esprime tutto il suo odio e la sua ossessione nei riguardi degli ebrei.
Una volta ottenuto il potere politico, l’ebreo getta i pochi veli che ancora indossa. L’ebreo del popolo, democratico, diventa l’ebreo sanguinario e il tiranno dei popoli. In pochi anni tenta di liquidare i portatori nazionali dell’intellighenzia e rende i popoli maturi per una sottomissione permanente, derubandoli dei loro capi spirituali naturali. L’esempio più spaventoso è quello della Russia in cui ha ucciso o fatto morire di fame trenta milioni di uomini con una ferocia veramente satanica, talvolta con torture disumane per assicurare il dominio di un pugno di letterati e canaglie di borsa ebrei su un grande popolo. [Hitler, Mein Kampf]
Nonostante il primo fallimento, alla fine degli anni Venti il partito nazista diventa uno dei più importanti della Germania. Nel gennaio 1933, grazie alla vittoria alle elezioni, Hitleer è nominato cancelliere della Repubblica, che in pochi mesi trasforma in una dittatura personale, incarcerando decine di migliaia di oppositori nelle galere o nei campi di concentramento.
Una volta arrivato al potere, Hitler segue con coerenza il suo progetto di eliminare gli ebrei dalla società e dell’economia tedesche. Sotto il suo impulso vengono emanate le innumerevoli leggi che perseguitano gli ebrei tedeschi, come le note Leggi di Norimberga del 1935. Dal 1939, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, i suoi progetti diventano sempre più violenti e radicali: non basta più eliminare gli ebrei dalla società tedesca, ma va progettato lo sterminio sistematico di tutti quelli che vivono in Europa.
C’è una cosa che vorrei esprimere oggi, e che forse è destinata a essere ricordata e non solo da noi tedeschi; nella vita spesso mi è capitato di fare il profeta, e la maggior parte delle volte sono stato deriso per questo. Quando ancora lottavo per arrivare al potere, erano soprattutto gli ebrei a ridere della mia profezia, che un giorno avrei conquistato il controllo dello stato e quindi dell’intero paese, e che tra gli altri problemi avrei risolto anche quello degli ebrei. Penso che gli ebrei tedeschi si siano rimangiati le risate fragorose con cui allora accolsero le mie parole. Oggi voglio essere profeta ancora una volta: se la grande finanza internazionale ebraica, d’Europa e non, riuscirà ancora una volta a far precipitare il mondo in una nuova guerra mondiale, il risultato non sarà la bolscevizzazione della terra e quindi la vittoria degli ebrei, ma l’annientamento della stirpe ebraica in Europa [Hitler, Discorso al parlamento tedesco, 30 gennaio 1939].
La sua ossessione diventa quella del “bolscevismo giudaico”: secondo Hitler, infatti, la Russia sovietica non è altro che il primo stato dove gli ebrei hanno raggiunto il potere, e dal quale stanno dando l’assalto al resto del mondo. La guerra scatenata contro l’Unione Sovietica è dunque una “crociata” contro il potere del “bolscevismo giudaico”.
Da oltre due decenni la tirannia bolscevico-giudaica di Mosca si è sforzata di mettere a fuoco non solo la Germania, ma tutta l’Europa. […] I tiranni bolscevico-giudaici di Mosca hanno tentato incessantemente di imporre al nostro popolo e agli altri popoli europei il loro potere e non soltanto spiritualmente, ma con la potenza militare. [Hitler, Proclama al popolo tedesco in occasione dell’attacco all’Unione Sovietica, 22 giugno 1941].
In un momento che gli storici non sono riusciti a identificare con precisione – Hitler non ha lasciato tracce scritte di questo crimine – ma che si colloca tra l’estate e il dicembre del 1941, il Führer dà ordine di sterminare fisicamente tutti gli ebrei che sono finiti sotto il dominio tedesco.
Il Führer ha espresso ancora una volta la sua idea che è deciso a far piazza pulita senza riguardi degli ebrei in Europa. In questi casi non si possono avere accessi sentimentali di alcun tipo. Gli ebrei si sono meritati la catastrofe che oggi stanno vivendo. Essi subiranno il loro annientamento insieme a quello dei nostri nemici. Dobbiamo affrettare questo processo con fredda mancanza di riguardi per fare un inestimabile servizio all’umanità sofferente tormentata da millenni. [Goebbels, ministro della propaganda, annotazione diaristica successiva a una visita a Hitler, 14 febbraio 1942]
L’ossessione antiebraica perseguita il capo del nazismo fino alla fine della guerra e della sua vita. Hitler muore suicida il 30 aprile 1945, e nel suo testamento politico, dettato poche ore prima, quando i russi sono ormai a Berlino, chiede ai suoi successori di continuare nella politica di sterminio:
Soprattutto faccio obbligo alla guida della nazione e al suo seguito di mantenere minuziosamente le leggi razziali e di opporsi spietatamente all’avvelenatore di tutti i popoli, il giudaismo internazionale. [Hitler, Testamento politico, 29 aprile 1945]
Storici e psicologi hanno tentato, nel corso degli anni, di dare una spiegazione all’ossessione antiebraica di Hitler, senza, tuttavia, raggiungere alcuna spiegazione convincente. Hitler non ha alcun motivo personale, politico o sociale, per odiare gli ebrei.