Durante la Seconda guerra mondiale, l’Ungheria è una semi-dittatura guidata dall’ammiraglio Miklós Horty, alleata della Germania nazista e dell’Italia fascista. Le prime leggi antisemite risalgono addirittura agli anni Venti, quando è posto un limite alle iscrizioni di studenti ebrei nelle università. Ciononostante, la comunità ebraica ungherese, alquanto numerosa – si tratta di circa 750.000 persone – è particolarmente prospera. Secondo lo storico Raul Hilberg, gli ebrei ungheresi non «rappresenta[…]no semplicemente una borghesia. [So]no in larga misura, la sola borghesia del paese» (Hilberg, La distruzione degli Ebrei d’Europa, vol. I, p. 182).
Nel 1938 vengono introdotte nuove leggi, modellate su quelle tedesche di Norimberga, con le quali si procede all’espropriazione dei beni degli ebrei.
Con l’ingresso dell’Ungheria nella seconda guerra mondiale, si avvia la vera e propria politica di sterminio. A partire dall’estate del 1941, gli ebrei stranieri sono ricacciati verso i territori dell’Unione Sovietica conquistati dai tedeschi, dove successivamente vengono sterminati. Lo stesso accade nella zona della Jugoslavia occupata dall’Ungheria. Nella città di Novi Sad, per iniziativa di un generale ungherese, vengono massacrate alcune migliaia di ebrei e di serbi.
Tuttavia, anche se perseguitati, gli ebrei con cittadinanza ungherese non rischiano la vita. Le pressioni della chiesa cattolica, che difende coloro che si sono convertiti al cristianesimo, nonché la necessità di tenere in vita quelli costretti ai lavori forzati, e infine la volontà di conservare un minimo di indipendenza rispetto ai tedeschi, fanno sì che Horty si opponga alle sempre più forti pressioni degli alleati.
Tuttavia, le cose cambiano nei mesi successivi. Nel marzo del 1944 le SS inviano i loro esperti in Ungheria per predisporre la deportazione degli ebrei. Il governo ungherese comincia a cedere: gli ebrei sono costretti a cucire la stella gialla sugli abiti e a risiedere nei ghetti. Avvengono inoltre arresti di massa su ordine dei tedeschi. In aprile cominciano i trasporti verso Auschwitz. Tra il 15 maggio e l’8 luglio 1944, 434.351 ebrei vengono inviati a Birkenau e qui immediatamente uccisi nelle camere a gas. Tuttavia, l’ammiraglio Horty, che vede l’esercito russo avvicinarsi sempre di più e teme di essere punito per questi crimini, in ottobre chiede l’armistizio all’URSS. I tedeschi lo depongono e insediano al suo posto Ferenc Szálasi, un fanatico antisemita comandante del partito nazista delle “Croci frecciate”. Le deportazioni, quindi, continuano fino alla definitiva conquista dell’Ungheria da parte dell’esercito sovietico nel gennaio 1945.
Gli ebrei vittime della Shoah ungherese sono circa 564.000.