Lutz Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia, 1943-1945, Torino, Bollati Boringhieri, 1993
Amedeo Osti Guerrazzi, Caino a Roma. I complici romani della Shoah, Roma, Cooper, 2005
Amedeo Osti Guerrazzi, Gli specialisti dell’odio. Delazioni, arresti, deportazioni di ebrei italiani, Firenze, Giuntina, 2021
Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma, Donzelli, 1999 e 2004
16 ottobre 1943: accadono a Roma cose incredibili, in Silvia Haia Antonucci, Claudio Procaccia, Gabriele Rigano, Giancarlo Spizzichino, Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, Guerini e Associati, Roma, 2006
Testimonianza di Ugo Foà sull’incontro con Herbert Kappler del 25 settembre 1943
«Di media statura, biondo, dall’apparente età di 40 anni, con una guancia attraversata da una lunga cicatrice, il Kappler affettò in principio un contegno piuttosto cortese; si dolse del disturbo recato, s’informò del numero degli Israeliti romani e s’intrattenne per qualche minuto in una conversazione generica ostentatamente affabile.
Quindi, cambiando improvvisamente tono ed accento, mentre il so sguardo diveniva tagliente e duro, fece ai suoi interlocutori il seguente discorso:
“Voi e i vostri correligionari avete la cittadinanza italiana, ma di ciò a me importa poco. Noi tedeschi vi consideriamo unicamente Ebrei e come tali nostri nemici. Anzi, per essere più chiari, noi vi consideriamo come un gruppo distaccato, ma non isolato dei peggiori fra i nemici contro i quali stiamo combattendo. E come tali dobbiamo trattarvi. Però non sono le vostre vite né i vostri figli che vi prenderemo se adempirete alle nostre richieste. E’ il vostro oro che vogliamo per dare nuove armi al nostro paese. Entro 36 ore dovete versarmene 50 Kg. Se lo verserete non vi sarà fatto alcun male. In caso diverso, 200 fra voi verranno presi e deportati in Germania alla frontiera russa o altrimenti resi innocui”».
Tratto da Gabriele Rigano, 16 ottobre 1943: accadono a Roma cose incredibili, in Silvia Haia Antonucci, Claudio Procaccia, Gabriele Rigano, Giancarlo Spizzichino, Roma, 16 ottobre 1943. Anatomia di una deportazione, Roma, Guerini e Associati, 2006, p. 27.
Dichiarazione di Herbert Kappler sul suo antisemitismo
«Durante la prima guerra mondiale (1914-1918) gli ebrei in Germania, in seguito alla dottrina del loro consanguineo Karl Marx, e dei principi della seconda e della terza internazionale, riuscirono a sabotare la condotta della guerra della Germania, rifiutando nel Reichstag di accettare le richieste del governo per le esigenze finanziarie belliche. La funzione di primo piano degli stessi elementi nella preparazione ed esecuzione della rivoluzione del 1918 in Germania è ormai provata dalla Storia ed è sempre rimasta presente nella memoria della popolazione. […]
Così la questione ebraica per forza diventava un problema etnologico, demografico, eugenico, culturale economico e politico. I sentimenti della parte ancora sana del popolo tedesco trovarono la loro espressione come reazione all’influenza ebraica che minacciava di estinguere il popolo stesso, nell’idea nazionale e socialista del crescente partito nazionalsocialista.
Questo movimento del popolo tedesco di allora non rappresentava soltanto un contrappeso di potenzialità contro la minacciante bolscevizzazione della Germania, ma anche un fronte ideologico contro la monopolizzazione internazionale di carattere ebraico, contro la decomposizione culturale e l’abbassamento e la minaccia di annientamento della moralità e della sanità pubblica.
Nello stesso periodo si stabilì il predominio ebraico anche negli stati anglo-sassoni. Il padre gesuita Becker in un libro descrive il successo ottenuto dagli ebrei nel penetrare le posizioni economiche e politiche dell’Inghilterra. Mentre però il carattere conservatore del popolo inglese, e la posizione geografica delle isole britanniche offrivano ostacoli sicuri ai loro piani, negli Stati Uniti d’America essi poterono tranquillamente operare».
Dichiarazione di Herbert Kappler al processo del 1947 (Tribunale Militare di Roma)
Leggi il testo della sentenza contro Herbert Kappler