La Repubblica Sociale Italiana eredita l’intero apparato repressivo dello stato monarchico. L’intelaiatura si basa infatti sullo stesso schema delle forze di polizia che hanno mantenuto in piedi il regime fascista fino al 25 luglio 1943. Il ministero dell’Interno, che controlla il territorio attraverso le prefetture, le quali gestiscono un’intera provincia; le questure, che hanno la responsabilità di una città; i commissariati, che sovrintendono su diverse porzioni delle città più grandi.

Il personale di polizia rappresenta un grande problema per il governo della RSI, dato che molti poliziotti non sono considerati affidabili dal punto di vista politico. Tanti hanno accolto positivamente la caduta del fascismo e nutrono sentimenti monarchici, più che fascisti; altri hanno semplicemente paura di continuare a collaborare con un regime che temono possa cadere di nuovo e definitivamente.

Mussolini cerca quindi di rendere più affidabile la polizia unendo le cariche di segretario federale del partito e di prefetto nella nuova posizione di “capo della provincia”. Il provvedimento, tuttavia, non riuscirà mai a essere effettivo: i prefetti cambiano nome ma il partito resta autonomo e conserva i propri segretari federali.

Nell’autunno del 1943, inoltre, viene effettuata un’approfondita “epurazione” di prefetti e questori, con la sostituzione di quelli che offrono minori garanzie. In generale, quindi, dal 1944 la carica di prefetto (o capo provincia) è assunta da fascisti di sicura fede, spesso non provenienti dalla carriera in polizia ma dal partito.

Lo stesso si può dire di molti questori, mentre nei gradi più bassi della gerarchia l’epurazione non può essere messa in pratica con la stessa radicalità e completezza.

Il risultato complessivo è quello di un’amministrazione profondamente fascistizzata e spesso antisemita ai vertici, ma molto meno affidabile, in senso politico, ai livelli inferiori. Dall’estate del 1944, con i successi della Resistenza, molti poliziotti vengono apertamente minacciati dai partigiani oppure decidono di collaborare con loro, facendo il “doppio gioco” o non svolgendo con particolare zelo il proprio lavoro.

Per quanto riguarda la politica antisemita, la polizia, coadiuvata dalla Guardia Nazionale Repubblicana (corpo della RSI con compiti di polizia interna e militare) e dalle Brigate Nere (corpo ausiliario volontario delle forze armate della RSI), ha il compito di arrestare gli ebrei e portarli nei campi provinciali di internamento o nelle prigioni, consegnandoli quindi ai nazisti e condannandoli alla deportazione. Tuttavia, se i prefetti e, spesso, i questori obbediscono agli ordini del ministero, non di rado i poliziotti di grado più basso cercano, nei limiti del loro coraggio e delle condizioni oggettive, di evitare gli arresti.

Bibliografia

Luigi Ganapini, La Repubblica delle camicie nere. I combattenti, i politici, gli amministratori, i socializzatori, Milano, Garzanti, 1999

Amedeo Osti Guerrazzi, Gli specialisti dell’odio. Delazioni, arresti, deportazioni di ebrei italiani, Firenze, Giuntina, 2020