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La “Casa dello studente” di Genova

La città di Genova è stata una delle più martoriate dalla guerra. Bombardata 86 volte, dal 1940 al 1945, dal cielo e dal mare, ha visto oltre 17.000 dei suoi edifici distrutti. Durante l’occupazione nazista è uno dei centri della Resistenza, nonché della repressione nazista. Nei suoi dintorni si consumano stragi terribili, come quella della Benedicta e del Passo del Turchino. A seguito degli scioperi dell’estate del 1944, inoltre, dalla sola fabbrica Ansaldo vengono deportati 250 operai.

Protagonisti della repressione sono il comandante dell’Aussenkommando Genua Siegfried Engel e il suo sottoposto Otto Käß, responsabile del “Reparto ebraico”. Il comando tedesco è posto nella “Casa dello Studente”, un edificio dell’università tuttora esistente nell’attuale corso Gastaldi.

I responsabili dell’ordine pubblico della Repubblica Sociale, come il prefetto Carlo Emanuele Basile e o il questore Arturo Bigoni, si fanno notare per la loro durezza. La locale Brigata nera, peraltro, ha tra i suoi uomini personaggi come Brenno Grandi, uno dei fascisti più duri e spietati anche nei confronti degli ebrei.

La comunità ebraica del capoluogo ligure non è particolarmente numerosa, ma la città è importante perché sede principale della DELASEM, un’organizzazione di aiuto agli ebrei in fuga dalle persecuzioni. Le vie della salvezza partono innanzitutto dal porto ligure. A capo dell’organizzazione c’è Lelio Vittorio Valobra, assistito da Massimo Teglio. Durante l’occupazione nazista la DELASEM entra in clandestinità, ma continua a lavorare cercando di aiutare, per quanto possibile, gli ebrei in fuga, fornendo documenti falsi e rifugi sicuri. Valobra e Teglio possono contare sull’aiuto dell’arcivescovo Pietro Boetto e di alcuni funzionari di polizia che svolgono il doppio gioco a favore dei perseguitati.

I primi arresti avvengono il 2 novembre 1943, quando i nazisti irrompono nella Sinagoga e impongono al segretario della Comunità, minacciandolo a mano armata, di telefonare agli iscritti e convocarli per il giorno successivo. Grazie a questo inganno, una dozzina di ebrei vengono fatti prigionieri, mentre molti riescono a mettersi in salvo grazie a Massimo Teglio. Quest’ultimo ha assistito all’irruzione ed è riuscito ad avvisare numerose persone. Le vittime di questa razzia, probabilmente organizzata dagli uomini di Theodor Dannecker, sono inviate al carcere di Marassi e da qui a Milano e poi ad Auschwitz.

A Genova, il 2 novembre, i tedeschi si presentarono in Comunità e costrinsero il custode a rivelare dov’erano nascosti i registri degli iscritti. Lo obbligarono poi a rispondere al telefono in maniera tranquillizzante agli ebrei che chiedevano informazioni, e a convocarli tutti per il giorno successivo. Ma la notizia trapelò, e un ebreo coraggioso corse da un telefono pubblico all’altro per avvertire tutti i correligionari che l’appuntamento era una trappola. Purtroppo, molti non furono raggiunti dalla notizia e si presentarono; altri vennero salvati da una donna che, abitando di fronte al Tempio, accortasi dei movimenti sospetti dei tedeschi mise in guardia i sopravvenuti. [Picciotto, Il Libro della memoria, p. 885].

Nei mesi successivi è L’Aussenkommando, assieme alle forze di polizia della RSI, a compiere gli arresti. Molti ebrei vengono scoperti grazie a una fitta rete di collaboratori italiani che, pagati dai nazisti, riescono a mettere le mani su oltre 200 persone. Chi viene arrestato finisce alla Casa dello studente, dove si viene torturati e poi fatti partire per Fossoli. Coloro che sono fermati dalla polizia italiana, invece, sono inviati al campo di concentramento di Pian di Coreglia (l’ex campo di concentramento per prigionieri di guerra n. 52), altra tappa prima di Fossoli e poi di Auschwitz.

Avendo informazioni su di un ebreo che si spacciava per Milani Giovanni, questi venne fermato dai nostri Squadristi il 12 ottobre [1944]. Data la sua insistenza nel confermare di chiamarsi con detto nome e non avendo documenti di identità, fu inviato al comando delle S.S. ove ammise di chiamarsi SONNINO Ettore. Lo stesso comando ci incaricava di tradurre tutta la famiglia composta dalla moglie del Sonnino tre figli maschi e tre femmine ed una zia, la quale sola non fu potuta tradurre perché riuscita a rendersi irreperibile. [Rapporto della Brigata nera di Genova, in Archivio di Stato di Genova, Corte di assise straordinaria, fascicolo “Grandi Brenno”].

Complessivamente sono 238 gli ebrei deportati dalla provincia di Genova.

Galleria

Bibliografia

Chiara Bricarelli, Una gioventù offesa. Ebrei genovesi ricordano, Firenze, Giuntina, 1995

Genova 1943-1945. Occupazione tedesca, fascismo repubblicano, Resistenza, a c. di Maria Elisabetta Tonizzi, Paolo Battifora, Soveria Mannelli, Rubettino, 2015

Giorgio Getto Viarengo, La deportazione degli ebrei dalla provincia di Genova. Sussidiario per la memoriaL, Chiavari, Piemme, 2008

Amedeo Osti Guerrazzi, Gli specialisti dell’odio. Delazioni, arresti, deportazioni di ebrei italiani, Firenze, Giuntina, 2021

Liliana Picciotto, Il Libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Milano, Mursia, 2002