Renato Ricci nasce a Carrara nel 1896. Dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale come ufficiale dei bersaglieri e degli arditi, si reca a Fiume per partecipare all’occupazione di quella città agli ordini di Gabriele d’Annunzio. Nel 1921 crea il fascio di Carrara e diventa uno dei protagonisti dello squadrismo fascista in Toscana e in Liguria. Nel 1922 le sue squadre devastano la camera del lavoro di La Spezia, occupano Genova distruggendo le organizzazioni dei lavoratori, e in seguito anche Massa e Carrara. La violenza estrema dei suoi metodi fa di Ricci uno dei personaggi più in vista della regione, tanto da meritarsi il soprannome di “ras di Carrara”.
Durante il regime, Ricci percorre una brillantissima carriera che lo porta ai vertici del partito e dello Stato, e che culmina nella carica di ministro delle Corporazioni, occupata dal 1939 al 1943.
Nel settembre del 1943 è tra i primi ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, per la quale assume la carica di capo di stato maggiore della Guardia nazionale repubblicana, il corpo addetto all’ordine pubblico e alla repressione dell’opposizione antifascista. La GNR è, a tutti gli effetti, la protagonista della guerra civile, e i suoi Uffici politici investigativi sono in prima linea nella lotta contro la Resistenza, distinguendosi per la brutalità dei metodi adoperati. La Guardia nazionale repubblicana di frontiera, invece, è in prima linea nella caccia agli ebrei che cercano rifugio in Svizzera.
Ricci è rimosso dall’incarico nell’agosto del 1944, per contrasti interni.
Nel dopoguerra Ricci viene arrestato e processato per collaborazionismo. Viene liberato nel 1950 a seguito dell’amnistia. Muore a Roma nel 1956.
Galleria
Bibliografia
Sandro Setta, Renato Ricci. Dallo squadrismo alla Repubblica Sociale Italiana, Bologna, il Mulino, 1986
Sitografia
Leggi la voce “Ricci Renato”, nel Dizionario biografico degli italiani dell’Enciclopedia Treccani
Altri contenuti
Rapporto del comandante della GNR di Como del 12 dicembre 1943
«Vista la situazione determinatasi dopo l’instaurazione del Governo della Repubblica Sociale – nei riflessi dell’esodo degli ebrei – lo scrivente, sentito il parere dell’Eccellenza il Capo della provincia di Como decideva di dare un nuovo orientamento ai servizi di polizia confinaria, adeguandoli alle necessità delle attuali contingenze, e con l’intento di individuare i favoreggiatori degli espatrii in argomento – seguirli fino alla prossimità della linea confinaria – per poscia sbaragliare loro il passo nel momento in cui – riscosso l’esoso prezzo – tentavano di fare guadagnare il suolo elvetico a comitive giudaiche solite a nascondere nei loro, più o meno cenciosi bottini, preziosi e valori sottratti alla ricchezza nazionale.
È così che la corsa verso il confine degli ebrei, che con la fuga nell’ospitale terra elvetica – rifugio di rabbini – tentano di sottrarsi alle provvidenziali e lapidarie leggi fasciste, è ostacolata dalle vigili pattuglie della GNR che, indefessamente, su tutti i percorsi, anche i più rischiosi, con qualsiasi tempo e in qualsiasi ora, con turni di servizio volontariamente prolungati, vigilano per sfatare ogni attività oscura e minacciosa di questi maledetti figli di Giuda. Ebrei fermati nel territorio di questa Provincia ammontano, dai primi di ottobre a oggi, a cinquantotto».
Archivio di Stato di Como, Prefettura di Como, Gabinetto, II versamento, b. 109
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