.. La fine del regime fascista e della guerra italiana 1940-1943

Il 10 luglio 1943 gli Alleati sbarcano in Sicilia. Pochi giorni dopo, il 19, Roma subisce il primo, devastante bombardamento, che causa oltre 1.600 vittime. Appare ormai chiaro a tutti, in Italia, che la guerra è finita e che le forze armate non hanno più alcuna possibilità di difendere il territorio, nonostante l’aiuto dei tedeschi. I principali gerarchi del fascismo, i militari e la corte sono concordi, anche se non in contatto tra loro, sul fatto che bisogni uscire dal conflitto chiedendo l’armistizio agli anglo-americani. Alcuni contatti con diplomatici britannici sono avvenuti già alla fine del 1942, attraverso figure vicine al re. Nel luglio del 1943 cominciano a muoversi i maggiori esponenti del regime, resisi conto del fatto che l’unico ostacolo alla fine della guerra è proprio il dittatore Benito Mussolini.

Il 24 luglio 1943, su iniziativa di un gruppo di gerarchi (tra i quali Giuseppe Bottai, Dino Grandi e Luigi Federzoni), viene convocato il Gran consiglio del fascismo, che avrebbe solo funzione consultiva e che, soprattutto, non si riunisce da anni. Durante la seduta, Bottai e Federzoni mettono in discussione tutta la condotta della guerra e il governo del paese da parte di Mussolini. Alla fine della riunione, che si protrae ben oltre la mezzanotte, Grandi propone un ordine del giorno che, in pratica, chiede a Mussolini di farsi da parte. L’ordine del giorno viene votato a maggioranza ed è dunque approvato. Tra i firmatari c’è anche il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano. Alcune ore dopo il duce si reca nella residenza privata di Vittorio Emanuele III, Villa Savoia, nel tentativo di farsi rinnovare l’appoggio del sovrano che, invece, lo fa arrestare dai carabinieri.

In serata la radio annuncia che Vittorio Emanuele III ha «accettato le dimissioni» del «cavalier Benito Mussolini» e ha dato l’incarico di formare un nuovo governo al maresciallo Pietro Badoglio. È la fine della dittatura. Folle in festa riempiono le strade inneggiando alla pace, mentre i fascisti si nascondono. Nei giorni immediatamente successivi il nuovo governo fa arrestare decine di ex gerarchi, senza alcuna opposizione da parte della milizia fascista. Emette però, anche, la cosiddetta “circolare Roatta” – dal nome del generale Mario Roatta, nominato da Badoglio nuovo capo di stato maggiore dell’esercito – che prevede la repressione di ogni «perturbamento dell’or­dine pubblico» quale può essere una manifestazione pacifista o antifascista. Le forze armate sono autorizzate a sparare sui manifestanti e invitate a farlo senza esitazioni, come se si dovesse affrontare il nemico in combattimento. E i soldati sparano, provocando decine di vittime e quasi trecento feriti (soprattutto a Bari e Reggio Emilia), e arrestando più di mille persone.

Esattamente 45 giorni dopo la caduta del governo Mussolini, viene annunciato l’armistizio firmato tra l’Italia e gli Alleati anglo-americani il 3 settembre. Sono le ore 19.42 di venerdì 8 settembre 1943, e alla radio il maresciallo Badoglio legge il seguente proclama:

Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.

Galleria

Bibliografia

Elena Aga-Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 2003

Emilio Gentile, 25 luglio, Roma-Bari, Laterza, 2020

Paolo Monelli, Roma 1943, Torino, Einaudi, 2012 (I ed. 1943)

Sitografia

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