
Durante la Repubblica Sociale Italiana la politica antiebraica viene sostenuta e messa in pratica da alcuni dei personaggi più vicini a Mussolini.
Il ministro dell’Interno Guido Buffarini Guidi è colui che si occupa della messa in pratica della legislazione razziale. Già sottosegretario all’Interno negli anni trenta, Buffarini è un accanito antisemita che applica con puntigliosa severità le leggi contro gli ebrei. Il 30 novembre 1943 emana l’Ordine di polizia n.5 che prevede l’arresto e la reclusione in campi di concentramento provinciali degli ebrei presenti sul territorio della RSI. Lo scopo di questo ordine però potrebbe anche essere stato quello di “proteggere” gli ebrei dalle razzie dei nazisti, che hanno già operato retate a Roma, in Toscana e a Milano. Nonostante le fonti non siano chiare su questo punto, Buffarini Guidi non si oppone alla successiva presa in consegna degli ebrei da parte dei tedeschi, a partire dal gennaio 1944. Verrà arrestato, processato e fucilato nell’aprile del 1945.
Altro protagonista della RSI, solo apparentemente meno legato alla politica antisemita, è Alessando Pavolini. Ministro della cultura popolare dal 1939 al 1943, con la nascita della repubblica diviene segretario del partito. È Pavolini che, il 14 novembre 1943, apre il congresso del neo-istituito partito fascista repubblicano (PFR) precisando che gli ebrei appartengono a una nazionalità straniera e nemica. Comandante delle Brigate Nere (responsabili di crimini efferati durante la guerra civile), Pavolini verrà catturato insieme a Mussolini e fucilato a Dongo il 28 aprile 1945.
Molto attivo nel denunciare le “congiure ebraiche” è anche Roberto Farinacci, già segretario del partito nazionale fascista negli anni venti, poi allontanato dalla cerchia dei più vicini al dittatore. Durante la RSI si limita a pubblicare il suo giornale, «Il Regime fascista», e a governare la “sua” provincia di Cremona. Pur privo di cariche ufficiali, la notorietà e gli ottimi rapporti con i nazisti ne fanno un personaggio influente. Moltissima della sua attività politica e giornalistica è dedicata ad attaccare gli ebrei, considerati nemici della patria. Morirà a Vimercate il 28 aprile 1945, fucilato dai partigiani.
Il maggiore esponente teorico dell’antisemitismo fascista è Giovanni Preziosi, un giornalista che fin dal 1922, ossessionato dalla “congiura mondiale ebraica”, pubblica riviste e giornali antisemiti. Durante il regime Preziosi ha un’influenza minima su Mussolini e sulla politica fascista, ma con la nascita della RSI intravede un’opportunità per mettere in pratica le sue ossessioni. Chiede a Mussolini e ai nazisti di mettere in atto delle politiche molto più rigide nei confronti degli ebrei rispetto a quelle già attuate, poiché è convinto che solo attraverso l’eliminazione dell’”influenza ebraica” dalla società italiana sia possibile vincere la guerra. Neanche durante la RSI, tuttavia, ha grande potere e la sua nomina a “commissario per la razza” è poco più di un titolo onorifico. Si suiciderà alla fine dell’aprile 1945.