.. Gli ebrei del Dodecaneso: il Possedimento Italiano delle Isole dell’Egeo

Le isole del Dodecaneso, già parte dell’impero turco, vengono occupate dall’Italia durante la guerra di Libia del 1911-12 e divengono ufficialmente italiane con la stipula del Secondo Trattato di Losanna, nel 1923. Si costituisce, così, il Possedimento delle Isole Italiane dell’Egeo, con capoluogo a Rodi e una forma amministrativa mista, diversa da quella puramente coloniale. Il Possedimento dipende, infatti, dal ministero degli Esteri (non da quello delle Colonie) ed è autonomo da un punto di vista amministrativo e finanziario. I suoi abitanti sono considerati semi-cittadini del Regno e questo ha, nel 1938, immediate conseguenze sugli ebrei che vivono nelle isole, ai quali viene applicata la legislazione razziale in vigore sul territorio nazionale. Fino ad allora, le diverse comunità, cioè la maggioranza greco-ortodossa e le minoranze turca, ebrea e italiana, hanno convissuto abbastanza pacificamente, sebbene gli italiani abbiano man mano aumentato il peso del loro dominio sulle altre componenti della società. Ciò ha comportato, come è ovvio, un irrigidimento di tipo irredentista e nazionalistico dell’elemento greco che, soprattutto in alcune isole, ha portato a uno scontro politico-culturale con gli occupanti italiani.

Nel 1936, la conquista dell’Etiopia e la proclamazione dell’impero coincidono con un cambio di rotta anche nell’amministrazione del Dodecaneso, che passa dalle mani del diplomatico di carriera Mario Lago a quelle del dirigente fascista Cesare Maria De Vecchi. All’italianizzazione, già in corso, del Possedimento, si aggiunge una palese e forzata fascistizzazione, che trova il suo apice proprio nell’introduzione della legislazione razziale. Prima ancora che ciò avvenga, De Vecchi chiude il Collegio Rabbinico di Rodi, uno dei più importanti del Mediterraneo, aperto nel 1928, e ne fa trasferire l’importante biblioteca, oggi dispersa, negli uffici della Comunità. Poi, estende le leggi al Dodecaneso con un certo ritardo, ma lo fa in maniera più che rigorosa e sistematica. La questione della cittadinanza ha un grande peso, perché essendo le isole un’annessione recente, tutti gli ebrei “divenuti italiani”, come tanti altri, dopo il 1° gennaio 1919, finiscono con il perderla. Centinaia di loro si scoprono stranieri e vengono espulsi. Altri, pur potendo restare, scelgono comunque di lasciare le isole poiché temono, a ragione, successive disposizioni e le stesse conseguenze delle leggi. Dei più di 4.000 ebrei, di discendenza sefardita (espulsi dalla Spagna nel XV secolo), presenti a Rodi e Kos nel 1931, all’inizio del decennio successivo ne rimangono meno della metà, a causa dell’emigrazione indotta dalla legislazione razziale e da ragioni economiche. 

L’introduzione della legislazione anti-ebraica è, dunque, uno shock anche per la comunità del Dodecaneso, fino ad allora ben integrata e che, in occasione della guerra d’Etiopia, ha donato “oro alla patria”, manifestando sempre una concreta simpatia nei confronti dell’Italia e del regime. A Rodi, i nomi delle strade della Juderia, nella città antica, vengono sostituiti con quelli di “martiri fascisti”; tanti dodecanesini ebrei perdono il lavoro, se non consentito dalle leggi, e gli altri si vedono fortemente limitati nell’esercizio degli impieghi che possono svolgere; altre conseguenze si hanno nelle scuole e in ogni aspetto della vita civile. La persecuzione dei diritti degli ebrei in Italia è, dunque, pienamente praticata anche in Dodecaneso.

Galleria

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Sitografia

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