Alberto Sed

Alberto Sed nasce nel 1928 a Roma. Rimane presto orfano di padre e la sua infanzia è segnata dalla povertà. La madre, vedova, gestisce difficilmente la situazione economica della famiglia, al punto che Alberto e la più grande delle sue tre sorelle, Angelica, vengono mandati nell’orfanotrofio ebraico.

Dopo la retata del 16 ottobre 1943, si nasconde con la mamma e le tre sorelle, Angelica, Fatina e Emma, in un magazzino nei pressi di Porta Pia. Il 21 marzo1944, in seguito a una delazione, Alberto, con le sorelle la madre ed altri familiari, viene arrestato e rinchiuso per qualche giorno nel convento di San Gregorio, vicino all’Orto botanico. I Sed vengono poi tutti trasferiti nel campo di transito di Fossoli e da lì, il 16 maggio, sono deportati ad Auschwitz-Birkenau.

Immesso nel Lager con il numero di matricola A-5491, Alberto per un periodo viene assegnato al lavoro sulla rampa, dove assiste a inaudite crudeltà durante la “selezione” effettuata all’arrivo dei convogli. A causa delle terribili percosse ricevute nel campo, perde l’udito da un orecchio e per questo verrà soprannominato “Sordacchione”.

Alla fine del 1944 viene trasferito nel sottocampo di Fürstengrube e impiegato in miniera, dove lavora finché non riesce a prendere parte agli incontri di boxe tra prigionieri, organizzati per il diletto delle SS. Grazie all’attività sportiva ottiene una doppia razione di cibo e un lavoro al coperto, ma rischia costantemente di essere eliminato dopo una sconfitta. Con l’evacuazione del campo, Alberto è obbligato a marciare per giorni nella neve, a piedi e in carri bestiame scoperti, fino all’arrivo al Lager di Mittelbau-Dora, in Germania. Viene poi trasferito in una fabbrica vicina al campo, nei pressi della cittadina di Nordhausen, dove si producono i missili V1 e V2. Una notte, la fabbrica del Lager subisce un lungo attacco aereo alleato, durante il quale perdono la vita diverse centinaia di persone; solo Alberto e altri sette uomini si salvano grazie all’aiuto di un capitano della marina italiana, che li fa riparare sotto l’elica di un aereo.

L’11 aprile 1945 il campo è liberato dagli americani, accompagnati dai volontari della Croce Rossa che trasferiscono Alberto di nuovo a Dora, ormai base alleata. Da lì, dopo essersi rimesso in salute, Alberto passa per la base americana di Francoforte e per il campo profughi di Merano (Bolzano). Il 7 settembre 1945 torna finalmente a Roma, dove viene a conoscenza della sorte della sua famiglia: solo una delle sorelle, Fatina, è sopravvissuta.

Nel 1953 Alberto sposa Giuditta Di Veroli, che tutti chiamano Renata; con lei ha tre figlie e numerosi nipoti. Muore nel novembre del 2019, dopo un’intensa attività di testimone rivolta soprattutto al mondo degli studenti.

Galleria

Bibliografia

Roberto Riccardi, Sono stato un numero. Alberto Sed racconta, Firenze, Giuntina, 2009

La liberazione dei campi nazisti, catalogo della mostra (Roma, Complesso Monumentale del Vittoriano, 28 gennaio-15 marzo 2015), a cura di Marcello Pezzetti, Roma, Gangemi, 2015

Sitografia

Scopri di più sul Lager di Auschwitz-Birkenau

Scopri di più sul Lager di Fürstengrube

Scopri di più sul Lager di Mittelbau-Dora

Altri contenuti

Guarda il video che l’AS ROMA ha dedicato ad Alberto Sed, convinto tifoso di calcio.

Guarda il servizio dedicato ad Alberto Sed dalla trasmissione RAI Unomattina, nel novembre del 2019, in occasione della sua scomparsa