.. Internamento e lavoro forzato

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il primo settembre 1939, l’attenzione del Ministero dell’Interno verso gli ebrei si fa sempre più ossessiva. Già il 25 settembre il Ministero dell’Interno emana una circolare che impone ai prefetti “oculata vigilanza” sugli ebrei e “siano adottati provvedimenti rigore”. Gli ebrei sono infatti accusati di spargere notizie false e deprimenti sull’andamento della guerra.

Nella primavera del 1940, quando l’ingresso dell’Italia è ormai stato deciso, il Ministero dell’Interno comincia a preparare le misure da prendersi contro gli stranieri appartenenti agli stati nemici (che si prevedono essere Inghilterra e Francia), tra i quali vengono compresi anche gli ebrei tedeschi o austriaci.

Quando il 10 giugno l’Italia entra in guerra, sono centinaia gli ebrei, italiani e stranieri, che vengono internati in campi di concentramento o costretti al confino in piccoli paesi del centro-sud. Viene anche realizzato un grande campo di concentramento per ebrei stranieri, Ferramonti Tarsia, in Calabria, dove sono rinchiusi migliaia di internati.

E’ la polizia che decide chi deve andare al confino o in campo di concentramento, e a seconda della “pericolosità” del soggetto, la permanenza nel campo può durare un mese o anni. La vita nei campi non è particolarmente dura, ma terribilmente oppressiva per gli internati, che non possono lavorare e che non sanno quanto dovranno rimanere in detenzione. Noia ed incertezza, più che paura o disagio fisico, sono le sensazioni degli internati.

Soltanto con la caduta di Mussolini e la fine del regime fascista gli ebrei italiani rinchiusi nei campi, lentamente, verranno liberati dal nuovo governo.

Nel maggio del 1942 il regime decide che gli ebrei maschi che non sono stati reclusi devono essere costretti ai lavori forzati. La ragione per questa decisione è che gli ebrei non fanno il servizio militare e quindi devono essere puniti perché non combattono per la Patria. La propaganda fascista si guarda bene dal dire che gli ebrei non fanno il servizio militare perché sono stati cacciati dalle forze armate in seguito alle leggi del 1938. Il lavoro forzato degli ebrei serve a “mobilitare” l’opinione pubblica italiana contro un “nemico” interno e per distrarla dalle continue sconfitte delle forze armate. Gli ebrei sono costretti a lavori manuali faticosi e, spesso inutili, ma che svolti in luoghi pubblici (ad esempio a Roma devono spalare la sabbia sul greto del Tevere, in pieno centro città) servono ad umiliarli.