.. La memoria

La copertina della prima edizione di 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti (1944)

Il percorso della consapevolezza collettiva degli italiani relativamente alla Shoah è lungo e difficile. Per molti anni l’intera opinione pubblica tende a dimenticare gli orrori del passato. Coloro che, tra i sopravvissuti e i testimoni vorrebbero, invece, raccontare, fanno fatica a trovare ascolto.

Il primo libro che tratta esplicitamente della deportazione, 16 ottobre 1943, di Giacomo Debenedetti, viene pubblicato già nell’autunno del 1944, ma all’inizio ha scarsa diffusione. Comprende comunque, tematicamente, il solo racconto della razzia di Roma. Anche il capolavoro di Primo Levi, Se questo un uomo, stenterà, nell’immediato dopoguerra, a trovare un editore.

Non sono soltanto i non ebrei a non voler sapere nulla della Shoah. Gli ebrei stessi stentano a parlarne. I reduci dai campi soprattutto, per decenni, sono estremamente reticenti, temendo di rivivere, nella narrazione, gli orrori del passato. Ne I sommersi e i salvati, Primo Levi scrive:

Anche nel campo ben più vasto delle vittime si osserva una deriva della memoria […]. Chi riceve un’ingiustizia o un’offesa non ha bisogno di elaborare bugie per discolparsi di una colpa che non ha (anche se, per un paradossale meccanismo di cui diremo, può avvenire che ne provi vergogna); ma questo non esclude che anche i suoi ricordi possono essere alterati. È stato notato, ad esempio, che molti reduci da guerre o da altre esperienze complesse e traumatiche tendono a filtrare inconsapevolmente i loro ricordi: rievocandoli fra loro, o raccontandoli a terzi, preferiscono soffermarsi sulle tregue, sui momenti di respiro, sugli intermezzi grotteschi o strani o distesi, e sorvolare sugli episodi più dolorosi. Questi ultimi non vengono richiamati volentieri dal serbatoio della memoria, e perciò tendono ad annebbiarsi col tempo, a perdere i loro contorni. [ed. 1991, p. 21]

Per lungo tempo, l’opinione pubblica italiana considera la Shoah qualcosa di terribile avvenuto per colpa esclusiva dei tedeschi, in territori geograficamente e mentalmente lontani, come Auschwitz. La situazione comincia a cambiare nel 1961, con il processo ad Adolf Eichmann. Eichmann è un ex ufficiale delle SS che ha contribuito a pianificare lo sterminio degli ebrei in Europa. Nel 1961, il servizio segreto israeliano lo rintraccia in Argentina, dove si è nascosto dopo la guerra. Rapito e portato segretamente in Israele, tra le proteste del governo del paese sudamericano (a lungo in bilico tra dittature militari e fragile democrazia), Eichmann viene processato in diretta televisiva. Durante il processo viene ascoltata una testimone italiana e all’improvviso si palesano le responsabilità del fascismo.

Ciononostante, ancora per decenni molti storici italiani considerano la Shoah un argomento “nazionale” solo in senso lato. Gli studiosi stranieri, invece, tendono a sottolineare le differenze tra il fascismo e il nazismo, e a esaltare gli episodi positivi che vedono protagonisti gli italiani.

Dall’inizio del XXI secolo, però, il discorso scientifico e pubblico italiano comincia a cambiare. Una leva di storici più giovani e il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano iniziano a fare luce sulle responsabilità italiane. Grazie alla possibilità di accedere ad archivi prima inaccessibili, una serie di studi locali rende note le vicende delle comunità ebraiche e dei loro persecutori. A ciò si aggiunge la preziosa voce di molti dei testimoni diretti, i sopravvissuti dei campi di sterminio, che cominciano a parlare, ad andare nelle scuole, a rendere testimonianza.

Nel 2000, anche in Italia il 27 gennaio diviene per legge “Giorno della memoria”. La data è quella della liberazione del campo di Auschwitz ed è l’occasione per una serie di celebrazioni in memoria dello sterminio degli ebrei d’Europa. Anche se criticato da alcuni, accusato di “spettacolarizzazione” della Shoah, oppure perché causa di un “eccesso” di memoria, il Giorno della memoria rappresenta, soprattutto per le scuole, un’occasione importante per riflettere sul passato e sulla sua eredità. Il 27 gennaio è oggi una data importante che segna un momento di presa di coscienza anche delle responsabilità italiane rispetto al fascismo e ai suoi crimini.

Galleria

Bibliografia

Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Milano, Feltrinelli, 2019

Filippo Focardi, Nel cantiere della memoria. Fascismo, Resistenza, Shoah, Foibe, Roma, Viella, 2020

Primo Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986

Le vittime italiane del nazionalsocialismo. La memoria dei sopravvissuti tra testimonianza e ricerca storica, a c. di F. Focardi, Roma, Viella, 2021

Sitografia

Leggi in sintesi la storia dell’Argentina

Altri contenuti

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Ascolta il messaggio di Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah e senatrice a vita della Repubblica, per il Giorno della Memoria del 2020

Leggi una riflessione di Primo Levi sulla memoria delle vittime, tratta dal libro La tregua