La guerra dichiarata con criminale superficialità da Mussolini nel 1940, dopo tre anni sta arrivando alla fine.
Nel gennaio 1943 Tripoli viene occupata dagli inglesi, nel maggio successivo la Prima Armata Italo-Tedesca, in Tunisia, è costretta ad arrendersi. Il 10 luglio gli Alleati sbarcano in Sicilia e il 19 dello stesso mese Roma viene bombardata per la prima volta.
Che la guerra sia ormai persa è chiaro sia a buona parte dell’élite fascista che al Re e all’Alto comando dell’esercito. A luglio, dopo una serie di consultazioni più o meno clandestine, un gruppo di gerarchi fascisti decide di convocare il “Gran Consiglio del Fascismo”, una specie di parlamento del Partito, per costringere Mussolini alle dimissioni. Nel frattempo anche la Corona sta cercando una via d’uscita avviando trattative con gli Alleati per arrivare ad un armistizio.
Nella notte tra il 24 ed il 25 luglio del 1943, durante una drammatica riunione tenutasi a palazzo Venezia, il “Gran Consiglio del Fascismo” vota un ordine del giorno che, di fatto, mette in minoranza Mussolini e i suoi ultimi fedelissimi.
Il giorno successivo il dittatore si reca a Villa Savoia, per parlare con il Re e chiedergli di rinnovargli la fiducia, ma qui Vittorio Emanuele III, già informato della conclusione del “Gran Consiglio”, lo fa arrestare e tradurre in una caserma dei carabinieri. Mentre Mussolini viene preso in custodia dalle forze fedeli al re, viene nominato nuovo Capo del Governo il maresciallo Pietro Badoglio, che come prima cosa ordina lo scioglimento del Partito Nazionale Fascista e l’incarcerazione di alcuni dei suoi più pericolosi esponenti.
Ascolta il radio messaggio che annuncia le dimissioni di Mussolini.
Nello stesso momento Sforza, il comandante generale della Milizia fascista, ordina ai suoi militi di rimanere nelle caserme e di non reagire in alcun modo. La fine del regime avviene dunque in maniera totalmente incruenta, mentre il popolo italiano, convinto che la fine del regime coincida con la fine della guerra, si lascia andare a manifestazioni spontanee di gioia.
Il governo di Badoglio invece dapprima dichiara che la guerra continuerà, e poi reprime sanguinosamente ogni manifestazione in favore della pace. Vengono però liberati i prigionieri politici e, tra questi, molti ebrei rinchiusi nelle prigioni o costretti al confino.
Questa fase si conclude con l’armistizio firmato il 3 settembre e reso pubblico l’otto settembre 1943.