.. Il comportamento del clero

La posizione del clero italiano nei confronti del fascismo è, nel lungo ventennio, estremamente variegata: si va dall’opposizione più dura (come quella di don Giovanni Minzoni, arciprete di Argenta ucciso dagli squadristi nel 1923), all’aperto sostegno, manifestato dai molti sacerdoti che vedono nel fascismo una diga contro l’ondata rivoluzionaria del bolscevismo.

Dopo il concordato, firmato a Roma nel 1929, i rapporti tra la chiesa e il regime diventano ottimi, e anche per il clero di ogni ordine e grado non vi è più posto per il dubbio. Mussolini, definito da papa Pio XI «uomo della Provvidenza», diventa decisamente popolare in tutti gli ambienti cattolici.

Con l’emanazione delle leggi anti ebraiche la simpatia verso il regime si incrina. Nei rapporti della polizia politica si leggono continue critiche ai provvedimenti razziali da non meglio specificati “ambienti cattolici”. Tuttavia, vi sono anche religiosi, tra i quali alcuni gesuiti o francescani del livello di padre Agostino Gemelli, che approvano senza riserve l’esclusione degli ebrei dalla società italiana.

Nei primi giorni dell’occupazione nazista, il clero è lasciato senza indicazioni precise su come comportarsi. Le memorie degli ebrei, specialmente di quelli romani, sono decisamente contradditorie. Durante la razzia del 16 ottobre 1943, infatti, alcuni dei fuggiaschi ottengono rifugio e asilo, mentre altri raccontano di essere stati respinti. Solo dopo la pubblicazione, su «L’Osservatore romano», nel novembre del 1943, dell’articolo La Carità del Santo Padre, che viene interpretato come un invito ad aprire le porte agli ebrei in fuga, l’ospitalità negli edifici religiosi diventa prassi comune, a Roma e nel resto dell’Italia occupata.

Da parte dei nazisti, i conventi vengono generalmente rispettati. Probabilmente entra in vigore un tacito accordo di mutuo rispetto, in vista anche del dopoguerra, periodo nel quale gli stessi nazisti prevedono di aver bisogno di luoghi sicuri per nascondersi.

I fascisti invece sono molto meno rispettosi, e operano rastrellamenti e perquisizioni anche in chiese e basiliche, dove riescono ad arrestare numerosi ebrei e religiosi cattolici.

Non sempre l’accoglienza è gratuita, anche perché spesso le strutture del basso clero non sono in grado di garantire un pasto a tutti e sono costrette a richiedere il pagamento di una retta. Altre volte viene pretesa, in maniera più o meno esplicita, più o meno pressante, la conversione al cattolicesimo, soprattutto da parte dei bambini.

In generale, comunque, l’accoglienza nei conventi garantisce la salvezza a migliaia di persone. Inoltre, molti membri del clero prestano il proprio aiuto procurando documenti falsi per la fuga verso la Svizzera. Le autorità di occupazione e la RSI sono ovviamente a conoscenza di questo tipo di attività. In un rapporto della Guardia Nazionale Repubblicana sul clero di Varese del 1944 è ad esempio riferito:

Anche da parte del clero vi è una certa tendenza ad estraniarsi dalla linea politica dettata dalla Repubblica Sociale Italiana, quando addirittura non si svolge attraverso il pulpito una aperta campagna contro la Germania ed il Fascismo. [Archivio di Stato di Varese, Guardia nazionale repubblicana, b. 4].

Galleria

Bibliografia

Nicola Caracciolo, Gli ebrei e l’Italia durante la guerra 1940-45, Roma, Bonacci, 1986

Grazia Loparco, Gli ebrei negli istituti religiosi a Roma (1943-1944). Dall’arrivo alla partenza, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 58, 1 (gennaio-giugno 2004), pp. 107-210

Amedeo Osti Guerrazzi, Gli specialisti dell’odio. Delazioni, arresti, deportazioni di ebrei italiani, Firenze, Giuntina, 2020

Giuseppe Tuninetti, Clero, guerra e Resistenza nella diocesi di Torino (1940-1945). Nelle relazioni dei parroci del 1945, Casale Monferrato, Piemme, 1996

Le suore e la Resistenza, a c. di Giorgio Vecchio, Milano, Ambrosianeum, 2010.

Testimonianze

Estratto dalla testimonianza di Abraham Coen, sopravvissuto

«[…] dopo tutto anche la Chiesa Cattolica mi ha molto aiutato e l’ultima volta mi ha trovato un alloggio, un prete è andato con me da Ivrea fino ad Azeglio con la bicicletta nel mese di dicembre, è stato mal tempo. […] Con questo prete siamo andati chilometri da Ivrea ad Azeglio. Là abbiamo trovato un altro prete e lui ha trovato un alloggio per me e dopo due giorni è venuta la mia moglie, e siamo andati nell’alloggio, abbiamo trovato tutto a posto. Questo è solamente un episodio come hanno fatto salvare la nostra vita gli italiani».

Tratto da Nicola Caracciolo, Gli ebrei e l’Italia durante la guerra 1940-45, Roma, Bonacci, 1986, p. 130.


Rapporto della prefettura di Milano al Ministero dell'interno, febbraio 1945

«Appare abbastanza chiaro che il Clero, che indubbiamente è antifascista, vuole apparire di fronte alla massa come custode fedele, del mandato religioso, al di fuori di ogni idea politica, di guisa che, il suo ascendente, non abbia a subire scosse, e per tale fatto, principalmente, vuol sembrare, non secondo, in opere di bene ed assistenziali.

Largo consenso riscuote, infatti, il lavoro di informazioni e ricerche di prigionieri e dispersi che svolge la Curia di Milano, nonché l’assistenza assidua a favore dei poveri, specialmente dei profughi e sinistrati e l’atteggiamento analogo tenuto dall’Associazione Cattolica, che, mediante riunioni a carattere religioso, visite ai poveri ed ammalati ed altre opere assistenziali che affiancano quelle del Clero, cerca di aumentare sempre più il numero degli aderenti».

Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’interno RSI, Gabinetto, b. 49.