.. Gli ebrei romani nella Resistenza

A Roma, come in Italia, non si organizzano formazioni prettamente ebraiche. Una prima e unica azione collettiva si verifica il 9 settembre 1943, quando un gruppo di ebrei tenta di saccheggiare alcuni magazzini del centro per procurarsi le armi da usare contro i tedeschi. L’intervento delle forze dell’ordine manda a monte l’operazione. Da allora in poi gli ebrei agiscono all’interno di vari gruppi antifascisti, privi, com’è noto, di una connotazione religiosa.  

Per gli ebrei romani la scelta di aderire alla Resistenza è particolarmente difficile: ormai da anni in gravi difficoltà economiche a causa delle leggi razziali, sorvegliati prima e poi perseguitati assieme alle loro famiglie, gli ebrei in grado di combattere si trovano, piuttosto, nella condizione di doversi mettere in salvo e tentare di scomparire per non mettere in pericolo se stessi e le proprie famiglie. In una città che pullula di polizie e di delatori, il primo imperativo è quello di salvaguardare la sopravvivenza del proprio popolo.

Ciononostante, gli ebrei attivi nella Resistenza romana sono numerosi. Difficile avere stime precise, ma si può ipotizzare la presenza di alcune decine di persone effettivamente operative.

Tra i combattenti di origine ebraica più noti vi è il gappista Mario Fiorentini un antifascista in contatto con il partito comunista e il partito d’azione fin dall’inizio del 1943. Il 9 settembre, Fiorentini combatte negli scontri di Porta San Paolo a Roma. In ottobre entra nei Gap, partecipando a quasi tutte le azioni più pericolose nel centro città. Il 10 marzo 1944, i gappisti Fiorentini, la sua compagna Lucia Ottobrini, Rosario Bentivegna e Franco Ferri, affrontano i fascisti che intendono commemorare Giuseppe Mazzini con una parata in via Tomacelli. I quattro partigiani sbucano da piazza Monte d’oro e affrontano centinaia di uomini armati. Il 23 marzo successivo, Fiorentini partecipa all’attacco di via Rasella. Dopo la guerra viene decorato con tre medaglie d’argento al valor militare e tre croci di guerra.

Pino Levi Cavaglione è un antifascista condannato nel 1938 per aver cercato di raggiungere la Spagna e combattere al fianco dei repubblicani. Liberato il 27 luglio 1943, combatte nella zona dei Castelli romani fino alla primavera e alla Liberazione, mettendo a segno diverse azioni di sabotaggio e diversi attacchi a truppe tedesche e fasciste. L’azione più clamorosa condotta dal suo gruppo (nel quale milita anche un altro ebreo, Marco Moscato), è la distruzione del ponte delle Sette Luci, a Santa Palomba, sulla ferrovia Roma-Formia, mentre passa un treno militare tedesco (a questa operazione è ispirato il film Un giorno da leoni di Nanni Loy).

Pacifico Di Consiglio, il famoso “Moretto”, nonostante i vari tentativi di arruolarsi nei gruppi partigiani, rimane un combattente isolato, un ribelle che ingaggia una specie di “guerra privata” contro tedeschi e fascisti. Soltanto alla vigilia della Liberazione riesce a mettersi in contatto, assieme ad altri giovani ebrei, con i gruppi di “Giustizia e libertà”.

Nella famiglia Perugia, antifascisti di San Lorenzo, vi sono cinque componenti della Resistenza: Lello, Angelo, Giovanni, Settimio e Mario. Combattono in Abruzzo, ma nella primavera del 1944 vengono arrestati e riportati a Roma, dove passano per via Tasso e Regina Coeli. A pochi giorni dalla liberazione della capitale, sono trasferiti a Fossoli e da lì ad Auschwitz, da dove torneranno solo Angelo e Lello.

All’interno della città sono numerosi gli intellettuali ebrei che danno un contributo alla Resistenza attraverso la produzione e la diffusione della stampa clandestina. Adolfo Perugia e Paolo Alatri sono tra i membri del partito d’azione. Anche Vittorio Ottolenghi, un editore romano, all’indomani dell’8 settembre dà vita a un’organizzazione, il “Movimento patriottico d’azione Italia combattente”, particolarmente efficace nella stampa di materiale di propaganda e documenti falsi. Tra i collaboratori del giornale vi sono altri ebrei: Alessandro Levi, Annelise Ottolenghi (la moglie di Vittorio), Vittorio Mortera e Carlo Alberto Volterra. Anche Luciano Morpurgo aiuta la Resistenza distribuendo il periodico clandestino «L’Italia libera».

Tra i più noti intellettuali ebrei attivi nella Resistenza vi è Eugenio Colorni, filosofo e antifascista attivo prima nel movimento “Giustizia e libertà” e poi nel partito socialista. Nel 1939 viene arrestato e inviato al confino, da cui evade nel 1941. Nel periodo passato in cattività partecipa alla compilazione del Manifesto di Ventotene. Durante l’occupazione di Roma riprende a lavorare al giornale del partito, l’«Avanti!». Viene ferito il 28 maggio 1944 da agenti della banda Koch, e muore due giorni dopo.

Un altro importantissimo intellettuale che dà il proprio contributo alla stampa clandestina è Leone Ginzburg, un antifascista nato a Odessa ma vissuto in Italia, prima a Roma e poi a Torino. Ginzburg è uno degli intellettuali più brillanti del suo tempo: ancora giovanissimo, ottiene la libera docenza all’università di Torino, che gli viene immediatamente revocata perché rifiuta di giurare fedeltà al regime. Arrestato nel 1934 nell’ambito della repressione del movimento Giustizia e libertà, è condannato a quattro anni di prigione, dei quali due condonati per indulto. Nel 1940, allo scoppio della guerra, è internato in Abruzzo. Alla caduta del fascismo si reca immediatamente a Roma e riprende i contatti con i compagni di partito. Presto raggiunto dalla moglie Natalia Levi e dai suoi tre figli, vive in un appartamento in viale delle Provincie. Durante l’occupazione di Roma dirige il giornale clandestino «L’Italia libera», e viene arrestato proprio nella tipografia dove si stampa il periodico. Portato a Regina Coeli, vi rimane dal 20 novembre 1943 fino alla sua morte, avvenuta il 5 febbraio 1944, a causa dei continui maltrattamenti e delle torture. Muore da solo nella propria cella, dopo aver invano chiesto aiuto al personale della prigione.

Tra i decorati al valor militare vi sono anche Bruno Fiorentini e Mosè Di Segni, che ottengono la medaglia d’argento assieme a Saverio Coen, ucciso alle Fosse Ardeatine. A Claudio Fiorentini viene riconosciuta la croce di guerra alla memoria; Angelo Pavoncello, Marco Calò, Angiolino Della Seta e Alberto Toscano ottengono la croce di guerra; i fratelli Michele e Giacomo Di Veroli, del Fronte militare clandestino, la medaglia di bronzo. Anche Aldo Finzi, ex sottosegretario fascista all’interno, diviene uno degli animatori degli animatori della Resistenza nei Castelli romani, fino a quando non è ucciso alle Fosse Ardeatine.

Tra gli ebrei romani che combattono nella Resistenza fuori dalla città ci sono Gilberto e Mario Terracina, combattenti delle Quattro giornate di Napoli, poi arruolati dagli Alleati che li inviano a combattere con la Resistenza jugoslava fino al maggio del 1945.

Galleria

Testo

Bibliografia

Pino Levi Cavaglione, Guerriglia nei Castelli Romani, Genova, Il Melangolo, 2006 (prima edizione 1945)

Mario Fiorentini, Sette mesi di guerriglia urbana. La resistenza dei GAP a Roma, Roma, Odradek, 2015

Luciano Morpurgo, Caccia all’uomo. Vita, sofferenze e beffe. Pagine di diario 1938-1944, Roma, Dalmatia, 1946

Maurizio Molinari, Amedeo Osti Guerrazzi, Duello nel Ghetto, Milano, Rizzoli, 2017

Altri contenuti

Guarda su YouTube il film Un giorno da leoni (1, 2, 3, 4)